“C’era una volta il Sud… e c’è ancora…”. di Tonino Perna
Nella primavera del 1972 (io c’ero!)…al Circolo Salvemini di Vibo Valentia introducendo un dibattito sulle elezioni politiche che si tenevano quell’anno, Valentino Parlato disse : << La questione meridionale è come quei fiumi carsici che compaiono e dopo un po’ scompaiono dalla vista per apparire più tardi >>.
Questa immagine c’è utile ancora oggi per guardare al nostro Sud attraverso la “longue durée” di braudeliana memoria, le onde lunghe della storia ci insegnano molto di più che l’inseguire la tachicardia del presente.
Quando si teneva questo dibattito affollatissimo al Circo Salvemini, eravamo in un momento in cui le lotte popolari nel Mezzogiorno, anche quelle strumentalizzate dai fascisti come la famosa rivolta di Reggio Calabria del 1970 (l’ultima grande rivolta popolare del nostro Sud) si imponevano sulla scena nazionale. C’era stato un ciclo di lotte – Avola, Battipaglia e la stessa Reggio Calabria per citare solo quelle più conosciute- in cui si intrecciavano rivolte bracciantili con quelle operaie e con istanze popolari molteplici che mettevano in difficoltà i governi democristiani e di centro sinistra che corsero ai ripari con una serie di Riforme sociali. Vorrei qui ricordare che la legge n.300 del 20 maggio del 1970, detta anche Statuto dei lavoratori, venne varata da un governo che certamente non si poteva dire di sinistra, con un partito comunista totalmente all’opposizione, ma venne varata perché , come sostenne Hunghtinton in un noto articolo “Le riforme sono il surrogato della rivoluzione e la corruzione è l’alternativa alle riforme”.
Come è avvenuto per le più importanti misure che riguardano i diritti sociali e il welfare si sono registrate quando il potere aveva paura della rivoluzione di stampo sovietico, aveva paura dei comunisti. Dopo l’89 il mercato capitalistico diventa globale e per le imprese del Nord il mercato meridionale diventa marginale sia sul lato dell’offerta (decentramento produttivo, vedi Gioiosa Jonica ad esempio che entra in crisi alla fine degli anni ’90 quando Benetton e C. spostano le loro commesse a façon in Romania e poi in Cina) che da quello della domanda (si è calcolato che solo un punto in più di Pil in Germania vale più di 10 punti di crescita al Sud sul lato della domanda).
Dunque, negli anni ’90 si è inaugurato un lungo periodo che verrà ricordato come la Contro-Riforma capitalistica su scala mondiale, come fu nel XVI secolo quella cattolica , come reazione alla Riforma di Martin Lutero.
Da quel momento la Q.M. esce di scena e nasce in Italia la Lega Nord e la Q.S. Tutto l’interesse dei media venne catturato dall’emergere di un malessere settentrionale. Vorrei qui ad esempio ricordare le piazze di Santoro, ma soprattutto la trasmissione Profondo Nord di Gad Lerner. Addirittura il Pds con Fassino pensò seriamente di trasferire a Milano la segreteria del partito e tutti i dibattiti si concentrarono sulla Q.S.
Di fronte a questo capovolgimento di fronte, a questa cancellazione della Q.M. le popolazioni del Sud rimasero silenti. Come dimostra la ricerca coordinata da Stefano Cristante non solo crolla l’interesse per il Mezzogiorno, ma sul piano mediatico la QM tende a indentificarsi con la questione criminale. A partire della strage di Capaci e poi di via D’Amelio è la mafia siciliana prima, poi la Camorra e infine nel nuovo secolo la ‘ndrangheta che prende la scena quando si parla di Mezzogiorno.
L’impatto della Crisi sul Mezzogiorno 2007-2014
- Il doppio dell’impatto sul piano economico. Reddito, consumo, tasso di disoccupazione. I tagli lineari della PA colpiscono due volte nel Mezzogiorno rispetto al Nord perché la spesa pubblica ha un peso nella formazione della ricchezza che è il doppio . Aveva ragione Paolo Sylos Labini quando scriveva negli anni ’80 che il motore della crescita al Sud è la spesa pubblica.
- A differenza di altre fasi della storia contemporanea, questo divario tra Nord e Sud d’Italia, che si è allargato in maniera rilevante, fa parte di un processo generale che caratterizza questa crisi: crescono in tutti paesi del mondo, con poche eccezioni, le diseguaglianze territoriali, tra regioni ricche e quelle più povere, quanto quelle sociali tra la classe medio-alta e il resto della popolazione.
Conseguenza più disastrosa è la fuga dal Sud dei giovani come non si era mai vista. I dati Istat sono sottostimati perché tengono conto solo del cambio di residenza ma, come dimostrano i Censimenti, c’è uno scarto crescente tra popoplazione residente e presente. Pertanto, noi possiamo oggi affermare che dal 2007 a oggi hanno lasciato il Mezzogiorno 2 giovani su 3 almeno una volta per motivi di studio o ricerca del lavoro. Ci troviamo di fronte ad una situazione drammatica che Carlo Levi aveva descritto per un piccolo paese lucano e che oggi si può estendere a quasi tutto Il Mezzogiorno (eccetto Pescara-Teramo-Chieti, il barese e il leccese, e pochi altri siti).
Tutti i giovani di qualche valore e quelli appena capaci di fare la propria strada , lasciano il paese. I più avventurati vanno in America , come i cafoni, gli altri a Napoli o a Roma; e in paese non tornano più. In paese invece ci restano gli scarti , coloro che non sanno far nulla, i difettosi nel corpo, gli inetti, gli oziosi: la noia e l’avidità li rendono malvagi. Questa classe degenerata deve, per vivere, poter dominare i contadini, e assicurarsi, in paesi i posti remunerati di maestro , farmacista, prete, maresciallo dei carabinieri, e così via….Da qui la lotta continua per arraffre il potere , essere noi o i nostri parenti o compari ai posti di comando. (pp 33-34)
E torniamo ad oggi chiedendoci cosa è cambiato rispetto a quel mondo descritto da Carlo Levi. Sinteticamente possiamo dire:
- Le campagne si sono completamente spopolate come le zone interne che hanno perso dal 1951 a oggi, mediamente, quasi l’80 per cento della popolazione.
- Sul piano culturale le nuove generazioni del Sud hanno modi di vivere e costumi molto simili ai loro coetanei del Nord, (Report Cavalli) così come a livello di istituzioni come la famiglia le differenze sono ormai minime (leggere i tassi di divorzi e separazioni)
- Sul piano dell’economia illegale il paese è stato unificato, sia per quanto riguarda la corruzione , il lavoro nero e infine per quanto riguarda le organizzazioni criminali: ‘ndrangheta, camorra e mafia si sono divise ampie zone del Centro/Nord
- Infine sul piano politico la crisi economica, con i relativi tagli dei trasferimenti netti dello Stato, hanno tagliato le gambe allo storico clientelismo meridionale e lasciato una libertà di voto come dimostrano i risultati elettorali nelle elezioni comunali degli ultimi anni e sicuramente il successo recente del M5S.
- Intatti, il successo clamoroso dei M5S al Sud va innanzitutto letto in quest’ottica: la fine della capacità di ricatto e consenso della vecchia classe politica. Ma, allo stesso tempo non rappresenta una rottura rispetto al passato : nel 2014 il Pd alle Europee aveva preso nel Mezzogiorno quasi il 36% , meno che nel CN ma sicuramente quasi il doppio del M5S che aveva preso il 22%. Perché non ci siamo chiesti il perché di questa massa di voti al Pd di Renzi ? In gran parte aveva la stessa motivazione: la ricerca di un cambiamento radicale che dia una risposta all’impoverimento di questa parte del paese.
Che fare ? Bisogna che lo Stato italiano riprenda il suo ruolo di datore di lavoro di ultima istanza. Sarebbe ancora più corretto e coerente se la Ue che ha assunto il ruolo con la BCE di prestatore monetario di ultima istanza (una volta affidato alle singole banche nazionali) assumesse anche il ruolo di datore di lavoro di ultima istanza. Il che significherebbe che una parte dei fondi europei che vanno alla “crescita economica” , e più spesso alle rendite parassitarie e alla corruzione, venissero usati per aumentare direttamente l’occupazione in servizi essenziali quali : la sanità, la scuola, i servizi sociali. Ma, anche la ricerca scientifica e le Università dovrebbero essere finanziate per garantire uno standard europeo indipendentemente dal luogo dove sono ubicate.
In ogni caso, in tempi brevi, la battaglia va fatta nei confronti dei governi nazionali che tagliano l’occupazione nella P.A. per dare incentivi crescenti e inutili alle imprese.