L’esempio di Riace per un Grande Racconto positivo di Piero Bevilacqua
Riace ha valore se diventa progetto realistico, comprensibile al largo pubblico», scrive a ragione Alfio Mastropaolo sul manifesto di giovedì 30 agosto, anche se definisce ingenerosamente «fatuo» l’articolo di Saviano su quella esperienza. Questo è esattamente il punto.
Perché pur nella sua singolarità, l’esperienza di quel piccolo comune calabrese potrebbe costituire il punto di partenza e il modello di un progetto di vasto respiro, le cui potenzialità economiche, sociali, ambientali sono sovranamente ignorate dall’opinione pubblica nazionale. Quel che è sconosciuto alla maggioranza degli italiani e quel che non sanno comunicare i media – a causa dell’analfabetismo storico del fenomeni naturali e territoriali delle nostri classi dirigenti e delle élite intellettuali – è che l’Italia si è infilata in un processo di squilibrio territoriale da cui uscirà devastata, se non saranno invertite le attuali tendenze demografiche. Gran parte della dorsale appenninica e preappennica, le colline con le cittadine e i borghi che la punteggiano, le campagne e i boschi che la ricoprono, sono in stato di abbandono e vanno spopolandosi, soprattutto al Sud, a velocità crescente.
Se la tendenza continua, gran parte della popolazione, delle attività produttive, delle infrastrutture, del traffico di uomini e merci – che farà esplodere strade e città – si concentrerà lungo le coste. Il processo creerà congestioni insostenibili in pianura ed esporrà gran parte della ricchezza del paese ai disastri dei fenomeni meteorici estremi. Senza il filtro della presenza umana nelle colline, senza la manutenzione dei contadini, l’intera struttura di un paese moderno, ma segnato da grave fragilità dei suoli, é destinato a subire danni ingenti a ogni episodio meteorico violento.
Da millenni l’Appennino “scende” a valle, senza presenza umana precipiterà. Ebbene, come si fa ad affrontare un problema di così vasta portata, ma cosi vitale per il nostro avvenire, senza scorgere nei giovani migranti che arrivano sulle nostre terre forse l’unica leva – visto il trend naturale della demografia nazionale – per progettare un ambizioso piano di valorizzazione delle aree interne? Non è possibile incominciare a mobilitare, sindaci, Ong, volontari, Coldiretti e organizzare chi arriva in cooperative di manovali che restaurano e abitano case, coltivatori delle terre abbandonate, silvicultori dei nostri boschi degradati, allevatori ittici delle acque interne, artigiani del legno, ecc.? Perché un simile progetto non può non solo essere promosso, sul piano operativo, nelle singole realtà locali più favorevoli, ma diventare il Grande Racconto positivo in grado di convincere anche la massaia che non legge il giornale? Scusandomi con le massaie: in Italia a non leggere il giornale ci sono anche tanti docenti universitari.
Questa è la grande prospettiva storica, che mostra la drammatica necessità degli arrivi. Poi c’è il quotidiano. Il razzismo «in senso al popolo», se cosi si può dire, è dilagato per ragioni che gran parte della sinistra e anche il Pd – che io non considero formazione di sinistra – non sanno vedere. La verità nascosta è che i disagi dell’immigrazione – peraltro quanto mai contenuti – hanno una geografia e una ricaduta apertamente classista. La degradazione di alcuni quartieri delle nostre città e dei nostri paesi, per la presenza di immigrati allo sbando, di giovani senza famiglie, che mangiano cibo scadente, non hanno casa, sono privi dei servizi essenziali, non hanno relazioni da mesi o da anni con una donna (e sì, parliamone, gli occidentali istruiti a 20 anni, non fanno sesso?), costituiscono dei piccoli inferni di degrado nelle stesse aree dove vivono i nostri ceti popolari e il nostro ceto medio.
Non certo le aree in cui il Pd e Forza Italia hanno i propri bacini elettorali. Strati sociali che da dieci anni vedono progressivamente eroso il proprio reddito, diminuire drammaticamente le occasioni di lavoro, crescere l’insicurezza generale per il proprio futuro.Una vasta platea per giunta ormai privata della rappresentanza politica dei vecchi partiti di sinistra. Come si può pensare che non sorgano atteggiamenti di ostilità nei confronti dello straniero, soprattutto se qualcuno costruisce sul disagio un racconto politico di odio per lucrarci vantaggi politici? Un nemico diventa necessario quando si continua a star peggio e non se ne comprende la causa. E se le forze democratiche sono incapaci di una politica locale di integrazione e organizzazione di comunità di lavoro, continuano a lisciare il pelo all’Ue, che ha generato il populismo in tutto il continente con le sue politiche dissennate di austerity, strozza le finanze dei nostri comuni, ma non riesce a sanzionare i paesi che respingono i migranti, allora stupirsi del razzismo che dilaga è solo pianto sul latte versato.
Il Manifesto
2.9.2018