La Calabria, il lavoro, il pericolo di rottura dell’Unità nazionale di Massimo Covello di Massimo Covello*
In questo primo scorcio di 2019 due grandi questioni concrete, che condizionano e condizioneranno la vita in primo luogo dei calabresi , sono state occultate o messe in ombra dalla propaganda politica: il perdurare della crisi economica e il rischio secessione del Nord per effetto della cosiddetta “autonomia differenziata”, richiesta da alcune regioni. Nonostante ciò ad occhi attenti ed interessati al bene comune non è potuto sfuggire che le politiche economiche agite in questi mesi dal governo vanno in una direzione sbagliata. Nessuno dei nodi strutturali che da anni sono la vera causa del declino dell’intero paese è stato aggredito. Invece di politiche per il lavoro, di investimenti pubblici mirati e qualificati si sono definite misure estemporanee e sgravi fiscali alle imprese che non creano lavoro stabile e con diritti. Invece del contrasto alle disuguaglianze, si è pensato alla flat tax che favorisce le classi più ricche. Invece di politiche industriali si persiste nella fiducia cieca al mercato . Invece di sviluppo sostenibile, si eludono i più importanti obiettivi di una riconversione ecologica dell’economia. L’unica misura nuova nella forma, sia pur piena di contraddizioni ed equivoci messa in campo, è il cosiddetto “reddito di cittadinanza” di cui vedremo gli sviluppi e gli impatti, non si può dire altrettanto di “quota 100” che lascia inalterata la Fornero rispondendo solo ad una nicchia di aspettative. La legge di bilancio, il principale provvedimento economico per il 2019- si presenta quindi come un’occasione mancata, un testo contraddittorio. Tra poche luci e molte ombre si è persa un’occasione per cambiare pagina e determinare scelte coerenti con un nuovo modello di sviluppo fondato sul lavoro, la lotta alle diseguaglianze, i diritti sociali. Come suggerivano inascoltati, non solo la CGIL ma economisti accorti e non asserviti al neoliberismo imperante, sarebbero serviti investimenti pubblici per le tecnologie e le produzioni di beni e servizi “verdi”, in grado di aumentare la sostenibilità dell’economia, di ridurre il consumo di energia e materie prime non rinnovabili così come l’impatto sul cambiamento climatico e il consumo di suolo, di favorire lo sviluppo di energie rinnovabili e di sistemi di trasporto sostenibili; la diffusione e applicazione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione; l’espansione delle conoscenze e della produzione di beni e servizi legati alla salute e al welfare pubblico. A queste scelte sbagliate si aggiunge il dato che è una legge di bilancio dove tra l’altro i conti non tornano, tanto da prospettarsi, senza voler essere cassandre, una manovra correttiva nei prossimi mesi, magari dopo l’elezioni europee. Intanto si registrano pesanti battute d’arresto sui consumi e la produzione industriale. In questo scenario il Mezzogiorno e la Calabria in particolare continuano a perdere pezzi come dimostrano la crisi del porto di GioiaT. con conseguenze drammatiche sull’occupazione e gli annunciati 833 licenziamenti della SIRTI con un impatto di circa 100 unità tra la Calabria e la Sicilia, solo per stare alle ultime vertenze aperte. Su questo quadro drammatico di crisi economica ed occupazionale potrebbe abbattersi come una mannaia, qualora non venisse fermata, la cosiddetta “ secessione dei ricchi” per come l’ha giustamente definita il Prof. G.Viesti. Per troppo tempo, tanti governi hanno compiuto scelte nefaste a partire dalla riforma del titolo V della Costituzione.
Oggi siamo al fatto , molto pericoloso, che tre Regioni come il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna hanno definito, senza nessun dibattito pubblico ne parlamentare, col governo un accordo di “autonomia rafforzata” apparentemente nell’alveo del dettato costituzionale. Si tratta di un inganno evidente per come è stato più volte scritto dall’ on. Loiero e da tanti insigni studiosi: una devoluzione che spaccherebbe l’Italia. Le questioni centrali sono due: La prima riguarda le risorse finanziarie. L’obbiettivo è di trattenere sul territorio i 9/10 del gettito fiscale. La seconda e che si richiedono le attribuzioni di 23 aree di competenze su 23 ,cioè su tutte quelle previste dall’art 117 della Costituzione. Una devoluzione totale di potestà quindi, compreso fisco, demanio e istruzione e che si pone tra l’altro di introdurre la contrattazione regionalizzata, o per meglio dire regolamentare le “gabbie salariali”. La mobilitazione di tante forze, politiche, sociali, culturali, ecclesiastiche, anche Istituzionali , finalmente più attente ed accorte, ha rallentato questo disegno, ma non l’ha scongiurato. Serve continuare con l’azione di informazione, acquisizione di conoscenza e mobilitazione anche di piazza se necessario. E’ quello che CGIL-CISL UIL hanno fatto con la straordinaria manifestazione del 9 Febbraio scorso a Roma. In essa la CGIL tramite il suo neosegretario generale compagno Maurizio Landini ha manifestato tutta la sua contrarietà a questo disegno, sostenendo che :” i cittadini devono avere tutti gli stessi diritti fondamentali, sanità, istruzione, lavoro, mobilità a prescindere da dove nascono, altrimenti è messo in discussione il concetto stesso di unità del Paese. Tenere unito il Paese significa ridurre le diseguaglianze e le ingiustizie sociali”. Non sarà una Primavera tranquilla, ma è chiara la “ Via Maestra” .
Casali del Manco 21 Febbraio 2019
*segretario regionale Fiom Cgil