La sanità regionale commissariata, vulnus democratico di Enzo Paolini di Enzo Paolini
Il decreto sulle misure emergenziali sulla sanità in Calabria è incostituzionale e il presidente Oliverio
annuncia il ricorso alla Corte: un po’ come chiudere la stalla delle istituzioni legittime ed elettive,
dopo che i buoi delle prerogative sono da tempo scappati per l’indifferenza della classe dirigente,
tutta ripiegata a coltivare interessi propri, leciti e non leciti.
Ma il punto non è una invettiva contro l’insipienza di una politica debole, inconsapevole, spesso
incompetente e poco incline alla tutela del bene comune. Non servirebbe a niente.
E’ il mutamento che sta accadendo in Italia, silenziosamente e nell’indifferenza di tutti quelli che
pensano di eleggere deputati e senatori, mentre invece ci limitiamo, ormai da più di vent’anni, a
ratificare le liste predisposte dai leader.-
Il Parlamento non risponde più agli elettori ma ai suoi capi.
La democrazia presuppone invece una connessione – concreta – tra il popolo ed i suoi rappresentanti
nelle istituzioni. Se questo manca è perché la legge elettorale assegna la scelta a un capo, e la
democrazia si traduce in oligarchia e poi in regime.
L’applicazione del regime è di ieri, con decreto sul servizio sanitario in Calabria, quello infestato da
corruzioni e peculati, produttore di disservizi e di spreco immane di denaro pubblico, incapace di
organizzare una rete ospedaliera minimamente efficace ed efficiente e, per questo commissariato da
nove anni, durante i quali nessuna delle emergenze di cui sopra è stata però né risolta ne attenuata
in minima parte. Anzi ciascuna di esse ha presentato una crescita esponenziale ed incontrollata
grazie anche alla (in) sensibilità di commissari e governatore i quali, invece di collaborare per
l’interesse pubblico, hanno pensato a sabotarsi a vicenda per tentare di mantenere o conquistare
spicchi di potere.
Nessuno in Calabria può smentire i fatti. Il rimedio a una situazione insostenibile ed inaccettabile
avrebbe dovuto essere – in un paese normale – quello di restituire prerogative e responsabilità alle
Istituzioni, sanzionandone le inefficienze, le negligenze, o i reati, caso per caso, ma, ristabilendo, sul
piano politico l’equilibrio dei poteri e delle competenze che la Costituzione stabilisce.
Invece, in un crescente delirio di onnipotenza il consiglio dei ministri, costituito sulla base delle
stratificate prove generali di regime, da uomini e donne avulsi dal senso dello Stato, decide di
affidare il destino di un servizio essenziale per la vita e la libertà dei calabresi (la salute è un
presidio di libertà) ad un uomo solo: il Commissario, il quale provvisto di tutti i poteri e di tutte le
necessarie risorse, ed avvalendosi di enti para-governativi ben remunerati e della Guardia di Finanza,
nomina altri commissari, assegna risorse, decide addirittura sulla edilizia sanitaria e sulla
programmazione, come e quando vuole.
Non una sola parola o una sola misura per l’organizzazione o l’efficientamento del servizio, per
l’erogazione appropriata delle prestazioni, per la restituzione di dignità agli operatori ,per le
assegnazioni di appositi fondi straordinari o per consentire il risparmio degli sprechi è contenuta nel
decreto. Non una.
Deciderà il commissario il quale risponderà solo al governo. E tutto avviene nell’assoluto, intimidito,
silenzio di una classe politica regionale che, evidentemente, ha tanti di quegli scheletri nell’armadio.
In conclusione non è questa una critica al merito del provvedimento (il commissario è persona
perbene e avveduta) né un invito al Parlamento a non convertirlo in legge. Sarebbe ingenuo solo
sperarlo, sapendo come è composto.
E’ ancora una critica di metodo: la storia insegna che i problemi di un paese non si risolvono con gli
autoritarismi che, sempre, prima o poi, degenerano. E’ un allarme (forse l’ultimo) agli uomini e alle
donne che pensano che la democrazia rappresentativa, come pensata e voluta nel 1948, sia in
pericolo e che occorre una vera sollevazione per ripristinare le regole – per prima quella elettorale –
quali erano nel momento in cui il paese aveva bisogno di una ricostruzione morale e politica. Proprio
come ora.
Il Manifesto
24.04.2019