Patrimoniale, perché sì di Piero Bevilacqua
Anche le parole, come i libri, hanno la loro fortuna e il loro destino. In Italia patrimoniale è fra quelle che si portano dietro un’aura di sventura tale da farla fuggire come la peste. Eppure è la parola chiave, l’idea-leva che potrebbe rovesciare la tendenza al declino del paese Italia. Perché uno dei meccanismi che bloccano il dinamismo economico e sociale è la sempre più squilibrata disuguagliana della ricchezza e la latitanza di un potere pubblico in grado di rovesciarla in tempi brevi, tramite un piano strategico di investimenti.
In Italia il fenomeno universale della disuguaglianza si intreccia a un’altra grave questione: un frattura crescente con le nuove generazioni. E’ in atto da anni una lotta di classe che la mia generazione muove contro la gioventù italiana. Dieci anni fa Massimo Livi Bacci documentò con ricchezza di dati gli svantaggi dei nostri giovani rispetto alle posizioni dei loro coetanei europei nei confronti dei loro padri: sul piano del reddito, dell’accesso al lavoro, dell’autonomia, godimento di servizi, ecc. (Avanti giovani, alla riscossa, il Mulino, 2008) C’è ragione di credere che da allora le cose siano peggiorate. Tale sopraffazione si dispiega oggi non solo con leggi sul mercato del lavoro, con l’istituzione della precarietà anche nella PA, con la sottrazione di risorse alla scuola, all’università, alla ricerca, con la devastazione dell’ambiente. Alcune forme di sbarramento hanno del clamoroso. Siamo al paradosso che imponiamo il numero chiuso all’accesso all’Università e mancano i medici per far funzionare gli ospedali. Quando il rettore della maggiore Università d’Italia difende il numero chiuso per l’iscrizione a medicina, con la motivazione che chi supera la selezione gode delle stutture didattiche in maniera ottimale, incarna l’immagine paradigmatica di una classe dirigente rassegnata allo status quo.
Ma c’è una sopraffazione di fondo che occorrerebbe mettere in luce. Come mostrano periodicamente le statistiche della Banca d’Italia, le famiglie abbienti aumentano costantemente i loro risparmi, mentre il paese non è in grado di fare investimenti significativi nella formazione e nella ricerca. Nel 2016, nonostante il calo di valore degli immobili, nonostante le modeste prove dell’economia generale del Paese,a dispetto dell’aumento ben noto della povertà tra ampi strati di popolazione, la ricchezza totale delle famiglie italiane era ben 8,9 volta il reddito disponibile, fra le più alte dei paesi ricchi.Inoltre, degno di nota, << Nel confronto con gli altri paesi, il debito delle famiglie italiane rimane il più basso.>>. Ma nella Indagine del novembre 2018 è segnalato un dato che conferma la concentrazione della ricchezza tra le generazioni anziane e il loro connotato conservatore e difensivo: gli << strumenti assicurativi e pensionistici sono al massimo storico del 23 per cento della ricchezza finanziaria.>>
Dunque mentre tantissime famiglie accumulano risparmi, i loro figli sono costretti a andare in giro per il mondo se vogliono laurearsi, trovare lavoro, fare ricerca. Mentre i rapporti asimmetrici nel lavoro e un sistema fiscale non progressivo perpetuano le disuguaglianze, accrescono un risparmio passivo sottratto agli investimenti utili alle nuove generazioni all’intero paese.
Ma come si rovescia tale tendenza? E’ evidente che quelli che continuiamo a chiamare partiti, ridotti ad agenzie di marketing elettorale, non si avventurano a propugnare una patrimoniale, perché è parola d’ordine che non porta voti: l’unica mira ideale del ceto politico contemporaneo. Occorrebbe una mobilitazione di massa, rendere consapevoli le nuove generazioni che la posta in gioco è il loro avvenire e che gli avversari da persuadere sono i loro padri e i loro nonni, nella attuale configurazione polìtica e di classe.Come stanno facendo gli studenti di tutto il mondo per riscaldamento climatico. Essi non persuaderanno nessuno se non irrompono sulla scena con una capacità intransigente di conflitto, con idee e proposte fattibili a cui piegare la volontà dei governi. Ma i giovani possono montare manifestazioni, non possiedono organizzazioni stabili che li supporti.
Per questo trovo di portata strategica l’irruzione del sindacato su tale terreno. La recente intervista a Landini (Repubblica, 3.4.2019) in cui si propone << un piano straordinario di investimenti pubblici e privati che si inserisca in una idea di Paese basata su un nuovo modello di sviluppo>>, va incoraggiata, anche per le modalità adombrate di realizzazione: << sperimentare veicoli finanziari alimentati da banche e Cdp finalizzati a investimenti>>. Se il termine patrimoniale spaventa si potrebbe pensare ad un prestito forzoso a lunga scadenza con un bassisimo tasso d’interesse, destinando un massa cospicua di risorse agli obiettivi proposti da Landini.
Ma occorrerebbe una discussione seria nel paese.Persuadere i ceti dominanti dell’utilita generale di tale operazione. Chiamando la patrimoniale un “patto di coooperazione tra due generazioni”.
Il Manifesto
6.4.2019