Se le regioni corrono, lo Stato frena.-di Massimo Villone
Dalla cacofonia istituzionale si passa alle carte bollate. Il ministro Boccia impugna un’ordinanza della presidente della Calabria Santelli, che pare tiri dritto per la sua strada. Sindaci calabresi – in prevalenza di centrosinistra – disapplicano con propria ordinanza quella della presidente Santelli. La fase 2 preannuncia turbolenze. Si delineano tifoserie istituzionali di opposto schieramento.
Un preannuncio potrebbe venire dalla lettera dei governatori di centrodestra a Mattarella che hanno censurato l’azione di governo per incostituzionalità. Così come la destra – con l’ottima compagnia di Renzi – ha contestato Conte in parlamento.
Il conflitto ribolle sotto traccia, e per un verso era scritto. Viene ora in primo piano la crisi economica, con situazioni e interessi diversificati. Pesano i ritardi nel sostegno a imprese e famiglie. Per governatori e sindaci essere protagonisti è una carta preziosa nella politica locale, specie in uno scenario pre-elettorale. Non si può lasciare il boccino a palazzo Chigi.
Fibrillazioni e turbolenze sono e saranno in agenda. Ci sono alternative alla via giudiziaria? Sì. L’articolo 120 Costituzione prevede che il governo possa sostituirsi a organi di regioni ed enti locali. Tra i casi previsti rientra certo il coronavirus. La legge 131/2003 disciplina l’esercizio di tale potere. In particolare, per l’art. 8, co. 1, «… il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato … adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario». L’articolo 8 al comma 4 dispone inoltre: «Nei casi di assoluta urgenza … il Consiglio dei ministri … adotta i provvedimenti necessari …». È diffusa l’opinione che uno dei punti deboli del Titolo V riformato sia la mancanza di una supremacy clause a favore dello Stato. Potrebbe essere opportuno introdurla in termini generali, ma almeno per l’emergenza possiamo ritenere che la clausola già esista,
Il governo potrebbe sostituirsi anche nell’esercizio dell’autotutela. Nella specie, potrebbe in via di sostituzione revocare l’ordinanza Santelli su bar e ristoranti. Perché non lo fa, agitando invece le carte bollate? Forse per una ragione politica. Cosa accadrebbe se dovesse essere sostituito un governatore vicino alla maggioranza? Può non essere un caso che Toti difenda la linea ligure anche affermando che i suoi provvedimenti sono uguali a quelli di Bonaccini in Emilia-Romagna. E avrebbe poi il governo abbastanza coraggio da sostituire Fontana, Zaia o Cirio, piuttosto che la presidente della Calabria?
Il governo ha invece scelto di non avere – o di non esercitare – una supremazia nel caso di dissenso, puntando al consenso nelle cabine di regia e le conferenze stato-regioni-enti locali. Ma ha così reso evanescente il proprio indirizzo anti-crisi. Il paese arlecchino e il fai da te in ultima analisi nascono qui. E le carte bollate potrebbero essere una pistola in buona parte scarica. È improbabile nel contesto dato la concessione di sospensive a raffica. Tra una diffida e il termine per adempiere, la risposta dell’amministrazione, e la fase giudiziale potrebbero passare settimane. Per i tempi imposti dalla pandemia, troppo.
Emerge poi l’inventiva meridionale. Il governatore De Luca adotta l’ordinanza 41, parzialmente difforme dai dpcm governativi in specie sul punto di blindare i confini regionali avverso i rientranti da altre regioni. Poi la invia a palazzo Chigi come proposta per un nuovo dpcm. Mossa che si spiega forse con la consapevolezza che l’iniziativa sarebbe preclusa, come ho scritto, dall’articolo 120 Costituzione con un esplicito divieto. Ma nessuno avrebbe notato una mera proposta al governo per un nuovo dpcm. Invece, De Luca ha adottato un’ordinanza formale. Certo, se il governo non lo seguisse, potrebbero nascere problemi, e si vedrà. Intanto, prende la bandiera di aver difeso i campani senza se e senza ma. Elettoralmente, questo conta.
In questo contesto confuso spiccano le scuse del presidente Conte agli italiani per i ritardi. Un gesto cortese, forse, ma politicamente discutibile. Se ci sono ritardi, il governo provveda. Ha tutti gli strumenti necessari, mettendo pressione dove serve, o scrivendo nuove regole. Tra l’altro, ogni ritardo nella risposta alla crisi economica indebolisce anzitutto Conte, nella maggioranza e nell’opinione pubblica. Dunque presidente, anche nel suo interesse, non fiori ma opere di bene.
da 2il Manifesto”, 5 maggio 2020