Reddito di cittadinanza, una legge da migliorare non da affossare.- di Tonino Perna
Dal momento in cui in Italia è stato varato il reddito di cittadinanza, con Decreto Legge 4/2019, la gran parte della stampa non perde occasione per attaccare questo strumento. Basta scoprire che una persona che lo percepisce lavori in nero per arrotondare, o magari è un ex-terrorista o un mafioso per buttare fango fino a seppellire questa misura di welfare.
IL FATTO CHE la legge che l’ha istituito non sia priva di contraddizioni, che mettere insieme una misura di sostegno economico ai cittadini «poveri» con una politica attiva del lavoro sia stato un errore madornale, non può farci buttare il bambino con l’acqua sporca. Non dobbiamo dimenticarci che il reddito di cittadinanza, o misure simili di sostegno economico, è in vigore da diversi decenni nella gran parte dei Paesi europei, anche se in forme diverse e con impatto differenziato in base all’entità del reddito minimo garantito ai cittadini.
Il fatto che sia stato voluto fortemente dal M5S e varato durante il governo con la Lega (che era fortemente contraria ma ha dovuto accettare come scambio per avere quota 100), non significa che vada disprezzato e affossato come fanno tanti esponenti politici del centro sinistra, da Renzi a Calenda a diversi esponenti di spicco del Partito democratico.
COLPISCE inoltre anche il fatto che tra gli esponenti della sinistra radicale, intellettuali e politici di professione, che per anni hanno fatto questa battaglia, nessuno di loro si sia alzato in difesa di questa conquista sociale, sostenendo con convinzione una legge che certo va profondamente migliorata ma non abolita come vorrebbero, non a caso, la Lega, Confindustria e una gran parte delle forze politiche presenti in Parlamento.
Finora in Italia hanno usufruito del reddito di cittadinanza poco più di un milione di famiglie con un importo medio di 557 euro, mentre della pensione di cittadinanza – di cui non si parla mai – hanno usufruito 130.000 persone con un importo medio di 238 euro. L’impatto della pandemia e relativa chiusura delle attività si è fatta sentire: da gennaio a oggi è aumentato del 25% il numero di famiglie che percepisce il reddito/pensione di cittadinanza arrivando a coinvolgere oltre 3 milioni di persone.
COMPLESSIVAMENTE a oggi sono stati spesi circa 8 miliardi tra reddito e pensione di cittadinanza, con una distribuzione sul territorio nazionale che favorisce nettamente il Mezzogiorno (dove per altro i 5S avevano preso la maggioranza dei voti anche grazie a questo cavallo di battaglia).
Infatti, nel Mezzogiorno risiedono circa 3,4 famiglie su dieci che abitano in Italia mentre ricevono il reddito di cittadinanza 6 famiglie su 10. Insomma, per la prima volta da molto tempo è stata varata una misura di ridistribuzione territoriale del reddito nazionale, una misura che contrasta le diseguaglianze territoriali, che riduce significativamente la povertà assoluta, anche se non elimina certo le condizioni di povertà relativa, come sostiene l’ultimo Report della Corte dei Conti.
CERTAMENTE è stato un fallimento tutto l’ambaradan messo in campo per una politica attiva del lavoro attraverso i cosiddetti «navigator» che non hanno mai preso il largo. Anche il potenziamento dei centri per l’impiego è stato un flop: solo il 2,2%, secondo gli ultimi dati disponibili, dei beneficiari del reddito di cittadinanza ha ottenuto un lavoro.
Pertanto, va difeso il reddito di cittadinanza, migliorato e magari aumentato il sostegno economico per le famiglie più in difficoltà. Soprattutto, va aumentata la soglia legale entro la quale si possa percepire,lavorando, un reddito aggiuntivo senza perdere il Reddito di Cittadinanza (RdC), altrimenti continuiamo a favorire il lavoro in nero perché il solo RdC non è sufficiente per una vita dignitosa.
da “il Manifesto” del 18 settembre 2020