La grande occasione del Sud.-di Tonino Perna
Da una recente ricerca della Svimez emerge un dato di grande rilevanza, che potrebbe rappresentare una svolta storica nel rapporto Nord-Sud nel nostro paese. La Svimez, infatti, ha stimato che nell’anno in corso ben 45.000 giovani meridionali a causa della pandemia sono tornati nel Mezzogiorno, continuando a lavorare in smart working. L’inchiesta è stata condotta su un campione rappresentativo di aziende con oltre 250 addetti, ma prendendo in considerazione il resto dei rientrati (comprendendo insegnanti di scuola e Università) sempre la Svimez stima in circa centomila il numero dei giovani rientrati al Sud che lavorano a distanza.
Per richiamare l’attenzione del ministro Provenzano su questo fenomeno (in quel momento soltanto intuito grazie all’iscrizione dei giovani alle liste regionali per entrare in volontaria quarantena) avevamo scritto una lettera aperta che è apparsa sul Manifesto del 21 giugno ed a cui il ministro ha cortesemente risposto. Purtroppo, a tutt’oggi non vediamo una traduzione concreta di quell’appello che mirava a creare un rapporto stretto tra le istituzioni e questi giovani rientrati nel territorio meridionale.
Ma, quello che non hanno fatto decenni di politiche per il Mezzogiorno, più declamate che fattuali, l’ha fatto l’invisibile mister Covid. Improvvisamente, la fuga dei giovani dal Mezzogiorno non solo si è arrestata, ma si è registrato un, inatteso, grande rientro. Ora, si tratterà di capire quanto di questo cambiamento radicale dei flussi migratori nel nostro paese resterà finita la pandemia. E non riguarda solo il Mezzogiorno, ma tutte le aree esterne al core dello sviluppo economico italiano. Anche nel Centro e nel Nord esistono le cosiddette “aree interne” marginalizzate che hanno visto un rientro di giovani dai grandi centri urbani e aree metropolitane.
Insomma, stiamo assistendo ad un insperato riequilibrio che andrebbe analizzato nei dettagli e accompagnato da politiche che lo incentivino, offendo adeguati servizi: sanità efficiente, connessione digitale, animazione culturale, ecc. Questo “new deal” riguarda non solo il governo, ma anche gli enti locali e il sindacato. Il governo potrebbe incentivarlo sgravando gli oneri sociali alle aziende del Nord per ogni lavoratore in southworking. Gli enti locali potrebbero offrire spazi pubblici gratuiti per il cooworking, oltre a migliorare i servizi pubblici e la connessione digitale.
Ci sarebbe da ripensare il contratto di lavoro in questa chiave di riequilibrio territoriale, che potrebbe offrire dei vantaggi alle grandi città, decongestionandole, quanto alle aree marginali, rivitalizzandole, ma anche agli imprenditori (che potrebbero avere dei risparmi, pensiamo per esempio ai buoni pasto, o ai minori spazi da utilizzare) e ai lavoratori che stando al Sud potrebbero risparmiare sul costo dell’abitazione, sul trasporto, sulla cura della casa e dei figli, ecc. Certo, si perderebbe in socialità, e non è cosa di poco conto, ma si potrebbe anche a pensare a periodi in presenza e periodi di lavoro a distanza.
In breve, si apre una nuova stagione del rapporto tra “luoghi e lavori” che da sempre coincidevano, salvo per sparute élite. Per secoli posto di lavoro e abitazione erano necessariamente vicini e duravano, spesso, per tutta una vita. Adesso, entriamo in una nuova fase che la pandemia ha solo accelerato e che ci offre delle opportunità da non perdere, a partire dal Mezzogiorno.
da “il Manifesto” del 24 novembre 2020
Foto di Alexey Györi da Pixabay