Sulle politiche, non solo, culturali.-di Massimo Veltri
È calato il sipario sull’edizione 2023 del Premio Sila e, lungo la scia degli anni precedenti, ha visto sfilare davanti a platee affollate e partecipi prodotti editoriali e personalità della cultura nazionale che hanno presentato libri e trattato argomenti di attualità e contenuti di estremo interesse.
Letteratura, saggistica, anche opere pittoriche e il consueto premio alla carriera destinato a chi si è distinto in maniera particolare nel proprio settore di attività in un premio che fu una felice intuizione di Giacomo Mancini e dopo qualche anno di silenzio è ritornato, una decina di anni fa, grazie a Enzo Paolini.
Erano altri tempi, si era nel 1949, e l’obiettivo era allora quello di rilanciare l’attività culturale calabrese dopo il periodo fascista e il secondo dopoguerra.
Il nuovo Premio Sila ha ripreso le fila di un discorso interrotto per stimolare, in un periodo storico complesso e difficile, la ricostruzione di un tessuto sociale attraverso percorsi culturali che richiedono attenzione, sensibilità e partecipazione, ribadendo il primato della cultura, della conoscenza, dell’esercizio dello spirito critico.
Gli statuti, differenti nell’articolazione della loro ragion d’essere, sono significativamente convergenti nelle finalità e nei contenuti: e parimenti urgente è la necessità di far leva sul coinvolgimento dei saperi nell’opera di costruzione di un tessuto connettivo improntato alla prefigurazione di un futuro che facendo tesoro del passato sia quanto mai scevro di contaminazioni passatiste e nostalgiche.
Sono stati moltissimi i giovani presenti agli eventi e non soltanto tramite la loro partecipazione attiva nella giuria popolare che affianca i giurati per così dire istituzionali mentre non è una notizia soltanto di quest’anno la relativa affluenza dei ceti intellettuali calabresi, inclusa quella delle università.
La borghesia professionale facente capo ai tanti rami delle attività, da quelle umanistiche a quelle economiche a quelle giuridiche, periodicamente fornisce una rappresentazione di sé in buona misura avulsa da momenti in cui potrebbe fornire contributi originali e attivi oltre che fruire di eventi stimolanti.
Non è fenomeno ascrivibile soltanto al premio Sila, in una città ricca almeno sulla carta di un cartellone intrigante e variegato, e proprio quando nel dibattito nazionale tengono banco temi in buona misura connessi. Quello del meridionalismo, nell’epoca del regionalismo differenziato, e l’altro della mancanza di contributi analitici e propositivi dei circoli della conoscenza nel delineare un profilo di crescita del paese.
È difficile dire quali possano essere le cause che presiedono a tale stato di cose che è si particolare ma anche con forti venature nazionali: per certo contribuiscono sfiducia e autoreferenzialità, non indifferente la non immediata individuazione di punti di riferimento cui rivolgersi: forse una discussione franca aiuterebbe.
dal “Quotidiano del Sud” del 28 giugno 2023