Mese: novembre 2024

La rinascita dell’Aeroporto dello Stretto: l’impatto sulla città metropolitana.-di Tonino Perna

La rinascita dell’Aeroporto dello Stretto: l’impatto sulla città metropolitana.-di Tonino Perna

Per quasi un trentennio l’aeroporto dello Stretto ha vissuto una fase di progressivo abbandono, di riduzione di voli e passeggeri, di declino che sembrava inarrestabile. Ancora all’inizio di quest’anno erano rimasti due collegamenti, per Milano e Roma, ad orari spesso poco praticabili.

Insomma, un aeroporto sempre più marginale, che serviva ormai una strettissima utenza del Comune capoluogo, destinato a chiudere battenti per la sua insostenibilità economica. Improvvisamente, grazie all’accordo con Ryanair promosso dal presidente Occhiuto, l’aeroporto dello Stretto ha ritrovato la sua identità, la sua ragion d’essere iniziale.

Dopo trent’anni sono ritornati i messinesi, e non solo i cittadini del capoluogo, ma un’importante fetta della fascia tirrenica. E sono tornati anche gli abitanti dei Comuni della provincia reggina che ormai da molti anni avevano preso l’abitudine di andare a Lamezia. In breve: questo aeroporto non è stato per caso denominato “Aeroporto dello Stretto” perché il suo naturale bacino di utenza comprende una buona parte delle due città metropolitane, Reggio e Messina, con un potenziale di clienti tra gli ottocentomila e un milione di persone.

Già da questa estate, il collegamento dell’Aeroporto dello Stretto con diverse città italiane ed europee, ha fatto registrare un inedito flusso turistico che ha cambiato l’atmosfera sonnolenta della città dei Bronzi. Un boom turistico che non si era mai visto prima, con alberghi e B&B che sono rimasti stracolmi per tutti i mesi estivi.

Ma, anche per gli abitanti dello Stretto si è aperta la possibilità di raggiungere altre città italiane ed europee in poco tempo e a prezzi abbordabili, una occasione di crescita civile e culturale.

Certo, vanno superati alcuni punti critici che riguardano il collegamento con Messina e quello con i paesi della provincia reggina. Sul primo si è fatto qualche passo avanti ma si può ancora migliorare, mentre rimane fortemente critica la connessione con i Comuni della provincia reggina data la disastrosa situazione dei collegamenti con mezzi pubblici (treni e bus).

Sulla tratta ferroviaria della costa jonica è meglio non parlarne, ma anche i bus privati che debbono fare tante soste impiegano un tempo incredibile per collegare l’aeroporto dello Stretto alla Locride. I miliardi, che questo governo vuole sprecare per un’opera inutile e dannosa come il Ponte sullo Stretto, dovrebbero essere impiegati per risolvere gli atavici problemi del trasporto pubblico in Calabria e Sicilia.

Se governasse il Partito del Buon Senso da tempo si sarebbe agito in questa direzione.

da “il Quotidiano del Sud” del 14 novembre 2024

BRICS. La rivoluzione monetaria e il nuovo ordine mondiale.-di Tonino Perna

BRICS. La rivoluzione monetaria e il nuovo ordine mondiale.-di Tonino Perna

Oggi a Kazan, sotto la presidenza russa, si riuniranno i massimi rappresentanti dei BRICS che con i nuovi ingressi (Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Arabia Saudita) rappresentano il 42 per cento della popolazione mondiale, il 36,6 per cento del Pil globale e il 60 per cento della produzione di idrocarburi. E siamo solo agli inizi perché altri Paesi (come la Turchia, l’Armenia, ecc.) bussano alle porte di questa nuova alleanza che sta ridisegnando l’economia e la geopolitica.

Mentre il G20 ha perso di rilevanza, di fatto si è rimpicciolito trasformandosi in G7 (ma qualcuno se n’è accorto?), rinunciando agli ambiziosi disegni di egemonia che si era dato, rinchiudendosi nei confini degli Stati Uniti e dei suoi satelliti, i BRICS avanzano sulla scena mondiale con un chiaro progetto per il futuro: liberarsi dalla “Signoria” del dollaro.

Infatti, il vertice che inizia oggi nella capitale della repubblica russa del Tatarstan non sarà un incontro rituale, uno scambio di buoni propositi, ma ha un obiettivo preciso: la creazione di una nuova moneta di scambio internazionale. “The Unit” è il nome della nuova valuta che i BRICS intendono introdurre, una unità di conto che regoli gli scambi tra questi Paesi ed è il frutto della media ponderata delle diverse divise nazionali.

E’ molto simile alla proposta che John Maynard Keynes nel 1944 fece nell’incontro storico di Bretton Woods: il “bancor” una moneta-unità di conto internazionale, il cui valore doveva essere il risultato di una media ponderata tra le monete più forti, nell’ambito di una visione di un mondo multipolare. E’ quello che oggi intendono fare i BRICS spinti dalla Russia che in questi anni di dure sanzioni ha cercato altri mercati e altre alleanze, a partire da quella con il colosso cinese. Ma, una nuova moneta di scambio che abbia un riconoscimento a livello internazionale non si improvvisa.

Negli ultimi dieci anni, tra i Paesi BRICS si sono moltiplicati gli scambi bilaterali – soprattutto tra Russia, India e Cina- con un picco nell’ultimo anno che ha interessato in maniera particolare l’interscambio Russia- Iran che è avvenuto al 60 per cento in rubli e rial. Allo stesso tempo è cresciuta la corsa all’oro come riserva delle banche centrali.

Per questo oggi, secondo alcuni analisti che seguono da vicino l’evolversi delle trattative per la creazione del “The Unit”, questa nuova moneta avrà il sostegno per il 40 per cento dall’oro e per il resto da un paniere di valute nazionali dei vari Paesi membri, creando così un percorso virtuoso che esclude l’egemonia di uno Stato su un altro.

E la corsa all’oro per sganciarsi dalla “Signoria” del dollaro sta interessando anche alcuni Paesi africani, come lo Zimbabwe, Nigeria e Uganda, le cui banche centrali stanno aumentando le riserve auree con l’obiettivo dichiarato di ridurre la dipendenza dal dollaro.
Se si concretizzerà la nascita di “The Unit” il 22 ottobre di quest’anno verrà ricordato come una svolta di portata storica paragonabile al 15 agosto del 1971 quando il presidente Nixon decise unilateralmente lo sganciamento del dollaro dall’oro, infrangendo gli accordi di Bretton Woods.

Per oltre cinquant’anni gli Usa hanno potuto godere di questo privilegio che gli ha permesso di avere un tenore di vita nettamente superiore alle loro possibilità, grazie ad un continuo indebitamento con il resto del mondo che ha superato quest’anno i 21.000 miliardi dollari.

Anche se ci vorrà più tempo per rendere vigente l’uso di questa nuova moneta/unità di conto, la strada è tracciata e la crisi del dollaro sarà irreversibile con conseguenze imprevedibili. Come sostiene la giornalista economica Saleha Mohsin (Paper Soldiers. How the Weaponization of the Dollar changed the World Order, Penguin, 2024) il dollaro è diventato progressivamente la vera arma di Washington per dominare il mondo.

Ma, i tempi sono cambiati e quest’arma ogni giorno che passa diventa sempre più arrugginita, malgrado il governo nordamericano continui a stampare dollari facendo arrivare il debito esterno, oltre che quello interno pari a tre volte e mezzo il Pil, ad un livello insostenibile. E l’Ue farebbe bene a prendere le distanze, a sganciarsi progressivamente dalle strategie belliche e finanziarie di Washington, se non vuole finire nel baratro trascinata dal crollo dell’impero nordamericano.

da “il Manifesto” del 22 ottobre 2024