La Battaglia del Mezzogiorno.- di Massimo Veltri
L’utilizzo del Recovery Fund riaccende la miccia della battaglia fra nord e sud. Non è enfatico né fuori luogo definire battaglia il contrasto asprissimo che si sta sviluppando da mesi ormai fra il nord del paese e le regioni del sud. Contrasto che parte, se proprio vogliamo dare un inizio alle cose, da quando la voglia matta di secessione innescata dalla folle rivisitazione della Costituzione del 2001, diede fiato e fuoco a Zaia, Fontana-ma pure a Bonaccini e a personalità fino ad allora insospettabili d’essere in odore di frazionamento del paese-per attribuire numerosissime competenze esclusivamente alle Regioni, Stato centrale a prescindere.
Lo scoppio del Covid, le terribili emergenze conseguenti e, non ultime, le durissime prese di posizioni espresse da personalità indiscusse come per esempio Massimo Villone, Gianfranco Viesti, Adriano Giannola sembravano aver rinchiuso a chiave in un cassetto il disegno disgregatore del ‘regionalismo asimmetrico’.
La UE e i fondi che mette a disposizione per fronteggiare il virus e ricostruire hanno rimesso in mano a qualcuno le chiavi di quel cassetto. Molte chiavi, che comprendono fra gli altri: Claudio Signorile e l’invito alle Regioni del Sud di mettersi d’accordo per utilizzare d’intesa quelle risorse per grandi progetti strategici; il leader di Confindustria, Carlo Bonomi: ‘Bisogna rivedere dalle fondamenta il modo in cui si affronta il tema della Coesione territoriale tra Nord e Sud’; il rispolverare vexate quaestio sull’ammontare nei decenni passati dei milioni o miliardi trasferiti dallo stato centrale al sud che non sarebbero né pochi né inferiori di quelli elargiti al nord (Stefano Micossi, presidente della Luiss – School of European Political Economy, che aggiunge: ‘Il Mezzogiorno soffre da decenni di incentivi distorti che hanno funzionato poco o male’); articoli che invitano il Sud a non doversi fidare del Nord, in forza dei soprusi subiti nel passato.
Il ministro per il Mezzogiorno che battibecca con chi lo accusa (Giavazzi, dalle colonne del Corriere della Sera) di essere filovietnamita e lo invita ad aderire alle virtù coreane… Se non è una battaglia, questa… , una battaglia in cui c’è stato pure chi ha rievocato il Piano Marshall, se pure con non poche improprietà: quello che conta è la torta da spartire che, il punto è questo, c’è chi non la vuol spartire, costi quel che costi.
E la politica? Così, ci vien da dire, proseguendo lunga questa strada-strade anzi: che divergono e collidono-non si va da nessuna parte. Perché si amplifica a dismisura e in termini il più delle volte ideologici e irrazionali un fossato, un divario, una storia che viene da lontano, fin dall’unità d’Italia e alla quale si è cercato a volte di dare soluzioni cozzando quasi sempre con difficoltà oggettive fatte di rinchiusure figlie dell’arretratezza e dell’interesse particolare strettamente intrecciate con la malavita organizzata e con l’inadeguatezza delle classe dirigenti. Con la scarsa, distratta, svogliata, a volte debole intermediazione della politica.
Il neoborbonismo, il lombrosismo, il rimpiangere malinconico natali magnogreci, le autoassoluzioni, il prevalere cieco di visioni economicistiche che sorreggono il darwinismo per cui a nord si produce, a nord c’è la ricchezza, qui si deve investire, il resto è noia… i refrain li conosciamo tutti. E non portano, nessuno di loro, da nessuna parte. S’è andato via via smarrendo e sempre più velocemente il senso reale dello stare insieme, della coesione e della condivisione nazionale. Manca la visione, ha scritto qualcuno.
Ora, e il Covid è stata, solo e fortissima e devastante, la goccia amarissima che ha fatto traboccare il vaso, il rischio esiziale che si corre, tutti, non è solo o tanto quello di eludere, furbescamente e all’italiana, i criteri in base ai quali le risorse finanziarie, ingenti, ci sono state assegnate dalla UE, di porre mano al dualismo nord-sud, in poche parole, ma di disgregare l’intera comunità nazionale in nome di egoismi mercantilistici e rapacità inqualificabili.
Se dalle Regioni e dai loro governanti non saliranno voci volte ad arrestare la barbarie, se la proposta strategica di Claudio Signorile, l’unica a nostro parere al momento degna di attenzione, sarà lasciata cadere i tempi diventeranno ancor più bui.
da “il Quotidiano del Sud” del 3 ottobre 2020