Il giochetto autonomista solo quando conviene.-di Gianfranco Viesti
Le convulse discussioni e decisioni degli ultimi giorni hanno mostrato nuovamente come vi sia in Italia un grande e irrisolto problema di rapporti fra il livello di governo nazionale e quelli regionali. Viviamo un periodo talmente eccezionale, e preoccupante, da imporre a tutti ancor più del solito moderazione nei toni e nelle valutazioni.
Nessuno ha certezze: né sulle dinamiche della pandemia, né sulle modalità più adatte per contenerla: ne è prova l’ampia gamma di misure messe in atto, finora, dai diversi Paesi europei.
Gli italiani appaiono oggi molto più critici di quanto non lo fossero in primavera sull’azione del governo nazionale, specie considerando alcuni dei problemi emersi nelle ultime settimane, come quello del finanziamento per potenziare il trasporto pubblico. Ma allo stesso tempo è evidente come nessun governo europeo sia stato in grado non di evitare ma neanche contenere il dilagare della seconda ondata.
Tutti sono alle prese con dilemmi profondi, fra l’imprescindibile tutela della salute dei cittadini, ed il tentativo di colpire il meno possibile l’economia, già piegata dalla terribile primavera: e quindi di tutelare l’occupazione, il reddito, la sopravvivenza delle piccole imprese, il benessere dei cittadini. Nessuno ha facili ricette: paradossalmente è più facile deliberare una chiusura totale che assumere decisioni più articolate; e paradossalmente è stato più facile farlo in primavera che oggi.
E a questo si aggiunga che conflitti fra le autorità nazionali e quelle regionali e locali non sono certo una prerogativa italiana: sono in corso da tempo, con durezza, in Spagna; hanno richiesto straordinarie doti di mediazione alla Cancelliera Merkel in Germania; caratterizzano persino la Francia, dove alcuni Sindaci si oppongono al Primo Ministro.
Tutto ciò detto, il quadro italiano mostra tensioni e frizioni particolarmente forti; una grande confusione. Alcuni territori hanno ignorato le disposizioni nazionali e attuato norme più lasche. È l’incredibile caso della Provincia di Bolzano che ha ad esempio mantenuto orari di chiusura più ritardati dei ristoranti; sulle televisioni nazionali in quei giorni sono stati trasmessi spot pubblicitari che invitavano ad andare in Alto Adige (non sappiamo se programmati da tempo o al momento).
Salvo poi fare una rapida retromarcia quando il numero dei contagi è passato dai 190 del 28 ottobre ai 547 del giorno 31, raggiungendo un’incidenza, rispetto alla popolazione, doppia rispetto alla già altissima media nazionale. Altre Regioni, come Campania e Puglia, hanno invece proceduto a chiusure drastiche delle scuole, da un giorno all’altro, in assenza di indicazioni nazionali: provocando un impatto molto forte non solo sul sistema dell’istruzione ma anche sulla vita delle famiglie, ed in particolare sulle già molto difficili condizioni delle donne.
In queste ore, stando a ciò che trapela nelle cronache, molte regioni si oppongono a misure differenziate territorialmente; colpisce la posizione di molti esponenti politici lombardi che sono contrari per principio (oggi come in primavera) a norme più severe nella loro regione, quasi che così si perpetuasse un delitto di «lesa maestà», e non fosse un’esigenza dovuta ai numeri della pandemia. L’aspetto che più sorprende è che una delle regioni che da anni sta facendo una dura battaglia per ottenere l’autonomia differenziata in nome proprio della sua diversità, rifiuti per principio regole diverse in base a condizioni diverse.
Le valutazioni sanitarie sembrano intrecciarsi con esigenze di consenso politico, pure variabili nel tempo: in queste ore sembra che prevalga l’esigenza di non giocare il ruolo di chi prende le decisioni più impopolari. Intendiamoci: sono decisioni difficilissime, e certamente tutti coloro che sono coinvolti sono in buona fede. Ma i cittadini hanno il diritto di sapere chi, e in base a quali criteri, decide su aspetti così importanti delle loro vite.
È indispensabile una riflessione, come si diceva in apertura, sui livelli di governo. Vi è certamente un eccesso di protagonismo delle regioni: il diritto all’istruzione può essere differenziato e limitato in alcuni luoghi e non in altri da decisioni locali? Può il diritto alla libera circolazione dei cittadini essere impedito (come stava per succedere in primavera/estate) da ordinanze regionali? La risposta dovrebbe essere senz’altro negativa.
E appare una certa debolezza del governo centrale, sinora poco capace di prendere decisioni, anche di differenziazione territoriale, ma in base a criteri, numeri, valutazioni condivisi. Ma proprio la pandemia mostra l’importanza del livello nazionale; le regioni non sono monadi isolate: se un veronese va a cena a Bolzano perché lì i ristoranti sono aperti e si infetta, crea un problema sanitario in Veneto.
In questo quadro introdurre ulteriori elementi di differenziazione dei poteri fra le regioni, come richiesto dai sostenitori dell’autonomia regionale differenziata, sembra decisamente la strada sbagliata. Quando usciremo, auspicabilmente non tardi, da questa situazione eccezionale, sarà invece utile fare tesoro di queste esperienze: e disegnare un sistema più chiaro, meglio definito, di poteri e responsabilità, a vantaggio dei cittadini.
da “il Mattino” del 2 novembre 2020