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Lettera agli ambientalisti miopi.-di Tonino Perna

Lettera agli ambientalisti miopi.-di Tonino Perna

Il movimento contro le pale eoliche che offendono il paesaggio, ha avuto ed ha un notevole consenso tra le associazioni ambientaliste del Mezzogiorno, in particolar modo in Calabria e Sardegna. Il motivo principale dell’opposizione alle grandi pale eoliche è il paesaggio. Un bene immateriale importante che deve essere preso in considerazione senza ignorare quello che dovrebbe essere il principale obiettivo degli ambientalisti: la salvaguardia del pianeta, e quindi della nostra vita, dagli effetti perversi dell’inquinamento della terra, dei mari, dei fiumi, laghi e il moltiplicarsi degli “eventi estremi”.

Non possiamo non chiederci: perché non c’è questo tipo di mobilitazione per l’aumento della C02 legata all’uso dei combustibili fossili che sta sconvolgendo l’ecosistema? Perché non ci si mobilita per la plastica che ha invaso il pianeta e che ormai ha riempito i nostri mari, gli oceani, entrando nella catena alimentare? La Commissione Ue aveva cercato di far passare un provvedimento per mettere lo stop alla produzione di plastica, ma il governo italiano si è opposto perché deve salvaguardare la nostra industria degli imballaggi e confezioni in plastica di cui ci vantiamo di essere i primi in Europa.

E ancora, perché non ci si mobilia contro i tanti enti locali, scuole, che hanno installato i pannelli solari e non li hanno mai collegati? La Calabria è piena di pannelli solari abbandonati da enti pubblici per il menefreghismo che li contraddistingue.
Vogliamo renderci conto che stiamo andando velocemente verso la catastrofe ambientale?! I radicali cambiamenti climatici che nella storia della Terra richiedevano secoli se non millenni adesso avvengono in poche decine di anni.

Ne abbiamo mille prove ma facciamo finta di niente perché la nostra unica e vera preoccupazione è la crescita economica misurata da un indicatore, il Pil, che da tempo tanti contestano ma senza incidere su questo mito del nostro tempo che trasforma in ricchezza monetaria la distruzione ambientale (basti pensare solo al fatto che una parte del commercio delle droghe contribuisce ad accrescere il Pil, quanto gli incidenti stradali, ecc.).

Tra i mille segnali di un cambiamento climatico accelerato vorrei citarne uno che è poco conosciuto. Riguarda l’acqua del mare dello Stretto di Messina, da secoli la più gelida tra tutte le acque che bagnano la nostra penisola per via delle impetuose correnti che risalgono, a causa di una montagna che attraversa questo tratto di mare, da una profondità di 2000 metri (di fronte a Taormina) ad una profondità di 90 metri (tra Scilla e Cariddi). In breve l’acqua gelida degli abissi risale in superficie.

Bene, negli ultimi due anni gli abitanti dello Stretto hanno riscontrato con meraviglia che l’acqua di questo mare è aumentata incredibilmente di diversi gradi. Secondo il Diving Center di Scilla, che da trent’anni fa il monitoraggio della temperatura dell’acqua nell’area di sua competenza siamo di fronte ad un fenomeno inspiegabile, visto il vistoso cambiamento e il breve tempo in cui si è registrato.

Cosa vogliamo di più per capire che ci sono delle priorità e che non c’è più tempo da perdere. Certo, ogni regione dovrebbe avere un piano energetico particolareggiato che indichi priorità, luoghi, modalità di installazione impianti di energia rinnovabile. Questa dovrebbe essere una battaglia di civiltà che dovrebbe impegnare tutti, uscendo ognuno dal proprio giardinetto e guardando non il proprio dito, ma la luna che abbiamo di fronte.

da “il Quotidiano del Sud” del 12 settembre 2024
Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

Il Nord si prende anche il sole. -di Tonino Perna

Il Nord si prende anche il sole. -di Tonino Perna

È incredibile come le popolazioni del Mezzogiorno siano sempre lente a cogliere le opportunità, gli incentivi, i cambiamenti che possano valorizzare le proprie risorse naturali con un minimo di impatto ambientale. È il caso delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), ovvero di un insieme di utenti che volontariamente decidono di cooperare e condividere la produzione e utilizzazione dell’energia rinnovabile. Le Cer nascono dal basso, da parte di cittadini sensibili all’ambiente e desiderosi di fare qualcosa per migliorare la vita sul nostro pianeta, tendendo anche d’occhio la tasca, ovvero la spesa crescente delle famiglie per la bolletta elettrica.

Con il decreto attuativo del 22/1/2024 è diventato concreto anche un sistema di incentivi che offre lo Stato alla costituzione delle Cer e alla produzione di questa energia condivisa. In particolare, per i Comuni sotto i 5.000 abitanti, è previsto un finanziamento di 2,2 miliardi di euro, grazie ai fondi del Pnrr.

Al momento in Italia, secondo i dati forniti dal GSE (l’ente nazionale di gestione dell’energia) sono operanti 154 comunità energetiche, che utilizzano prevalentemente pannelli fotovoltaici e sono localizzate soprattutto nel Nord Italia. Il Piemonte, che guida questa classifica, con le sue 27 Cer in funzione riesce a produrre il 19% di tutta l’energia nazionale prodotta da queste comunità, più dell’intero Mezzogiorno, per non parlare della Calabria dove risultano costituite tre Cer, ma finora operante sembrerebbe ce ne sia solo una a san Nicola da Crissa. Il condizionale è d’obbligo perché abbiamo informazioni non univoche.

Insomma, come meridionali abbiamo il sole e il vento in gran quantità, e potremmo dare un grande contributo alla riduzione della CO2, ridurre la dipendenza dall’estero per l’importazione di combustibili fossili, e fare risparmiare famiglie e imprese. Che cosa ce lo impedisce? Questa volta non ce la possiamo prendere con la classe politica, ma dobbiamo prendere atto della nostra allergia congenita nel creare strumenti comunitari, nel condividere con altri beni e servizi.

Aveva ragione Robert Putnam che negli anni ’90 analizzando la differenza socio-economica tra Centro-Nord e Mezzogiorno aveva individuato nella carenza di “capitale sociale”, inteso nell’accezione di capacità di mettersi insieme per un bene comune, la debolezza cronica e storica del Sud Italia. La paradossale situazione delle Cer che si istituiscono al Nord , dove il sole è più avaro, e non al Sud dove l’irradiazione solare è anche eccessiva, conferma la tesi di Putman e di altri politologi e sociologi che su questa base hanno svolto altre ricerche e trovato altre conferme.

Ci possiamo consolare col fatto che Nord e Sud sono punti di vista a seconda di dove ci collochiamo: in Germania dove il sole, quando c’è, assomiglia più ad un a lampadina che ad una stella, sono operanti più di mille Cer che si sono costituite più di dieci anni fa!

da “il Quotidiano del Sud” del 2 settembre 2024