Tag: naufragio migranti

Corridoi umanitari contro il governo che prepara stragi. –di Tonino Perna

Corridoi umanitari contro il governo che prepara stragi. –di Tonino Perna

Continuano le stragi dei migranti, volute, pianificate lucidamente da chi governa il nostro Paese. L’ultima a largo di Roccella Jonica, dove la Guardia costiera era stata avvisata tre giorni prima del naufragio. D’altra parte cosa vogliamo da un governo che obbliga le navi delle Ong a portare i naufraghi che soccorrono nel porto più lontano possibile in modo che non ritornino subito nel canale di Sicilia per soccorrerne altri. E se nel tragitto che si allunga per diversi giorni muoiono persone fragili, feriti, ammalati, è meglio per questo governo che vede nella strage dei migranti un deterrente per nuove partenze. In modo da poter dire «noi abbiamo ridotto drasticamente gli sbarchi dei clandestini»..

Purtroppo siamo arrivati a questo punto di cinismo e disumanità anche per colpa di governi precedenti, di chi ha fatto i primi accordi criminali con la Libia, di chi nel centro sinistra si vantava di aver ridotto il numero dei migranti che sbarcano sulle coste italiane. E non possiamo più solo manifestare rabbia e dolore, né rassegnarci, ma dobbiamo provare ad indicare una alternativa valida e percorribile. In questa direzione una strada da perseguire è quella dei corridoi umanitari, che in Italia sono nati nel 2015 con un accordo tra lo Stato , la Federazione delle Chiese Evangeliche e Sant’Egidio, a cui poi si sono aggiunti la Caritas, l’Arci e altri. Lo Stato italiano dà solo i visti per entrare nel nostro Paese come rifugiati mentre tutte le spese sono a carico delle istituzioni religiose e non.

Finora sono così arrivati in Italia, soprattutto provenienti dal Libano, poco più di 5.000 persone. Una goccia nel mare magnum del bisogno di fuggire da guerre, fame e mutamenti climatici. Ma, un’esperienza pilota, che ho avuto la fortuna di seguire da vicino e che posso dire, dati alla mano, che si tratta di una modalità di accoglienza di successo. Già nel 2020 la Comunità di Sant’Egidio aveva stilato un primo quadro: su 1000 rifugiati, di cui il 40 per cento minori, dopo due anni 156 si erano resi completamente indipendenti e 304 dipendevano solo dal pagamento dell’alloggio. Altrettanti buoni risultati sono stati ottenuti anche in realtà economicamente deboli come la regione Calabria che ha il più alto di disoccupazione e il più basso reddito pro-capite, dove i profughi siriani, sostenuti economicamente dall’8 per mille della Tavola Valdese, hanno trovato tutti un lavoro dignitoso, alcuni si sono già comprati la casa, e costituiscono una grande risorsa per questo territorio.

Se prendessimo come riferimento il Canada che in pochi anni, attraverso i corridoi umanitari, ha accolto più di 50.000 profughi nel proprio paese, allora potremmo passare dalla testimonianza ad una politica dell’accoglienza che ha un valore che va al di là di quello che pensiamo. Infatti, per ogni migrante che riesce ad arrivare in Europa o Nord America con i corridoi umanitari si crea una aspettativa positiva per decine di altri che vorrebbero partire e che, se non trovano alternative, non gli resta che rischiare la vita salendo su un barcone. Abbiamo incontrato profughi che hanno aspettato anni prima di essere chiamati, ma che hanno intravisto questa possibilità e si sono aggrappati a questa speranza.

Il virtuoso modello canadese funziona perché coinvolge diversi soggetti, dalle imprese alle ong alle associazioni religiose e non, per finire con le Università che possono giocare un ruolo importante, mentre lo Stato non si limita a rilasciare i visti ma copre una metà del budget necessario. Compito di chi accoglie è quello di inserire economicamente, socialmente e culturalmente queste persone, accompagnandole fino alla loro totale autonomia.

Se il miliardo di euro che verrà speso per il campo di concentramento albanese, crudele e inutile, venisse impiegato per accogliere una parte dei rifugiati che sopravvivono di stenti nei vari campi gestiti dall’Onu, allora ne potremmo accogliere in Italia qualcosa come 50.000 persone, in base ai dati della Tavola Valdese , sulla base di sette anni di attività. Se poi il resto della Ue ci seguisse su questa strada potremmo arrivare ad accogliere con i corridoi umanitari 350-400 mila persone ogni anno, aprendo un canale legale di accoglienza vera e fruttuosa, un’alternativa all’attuale sistema.

da”il Manifesto” del 26 giugno 2024

Aiutiamoli a morire a casa loro.-di Tonino Perna

Aiutiamoli a morire a casa loro.-di Tonino Perna

L’ennesima tragedia dei migranti che muoiono davanti alle nostre coste, che potevano tranquillamente essere salvati prima, ha provocato una reazione unanime nel governo italiano che è stato ben espresso dalla premier addoloratissima per questo ennesimo naufragio: “Basta. Dobbiamo impedire le partenze”. Le ha fatto da megafono il ministro Piantedosi: “Non dovevano partire”.

Giusto, logico e pragmatico, non fa una grinza. Se nessuno parte su un barcone, gommone o altro mezzo, nessuno muore. Per questa intuizione dovrebbe essere conferito alla presidente del Consiglio, unitamente al suo Ministro degli Interni, uno speciale premio Nobel per pace, magari con una piccola specificazione: “per la pace eterna”.

Cosa significa “dobbiamo bloccare le partenze”? Significa che milioni di profughi che fuggono dalle guerre, dalla fame, dalla miseria, dalla siccità, dalle inondazioni, devono restare a morire nella propria terra. Ma, stia tranquilla, signora presidente del Consiglio: il 94% dei rifugiati, dei cosiddetti “diplaced people” si spostano all’interno dei loro paesi o in paesi confinanti, come il Niger, il Congo, il Sud Sudan, ecc. Solo il 6% emigra verso altri continenti, non necessariamente in Europa. Quelli che s’imbarcano per raggiungere le coste del Sud Europa sono quelli che non hanno più niente da perdere.

Sono una piccola parte del’1,3 milioni di siriani rimasti intrappolati in Libano in una spaventosa crisi economica che ha generato una forte pressione per rimandarli in Siria dove li attende a braccia aperte Bashar Assad, per dargli l’estrema unzione. Sono i curdi bombardati quotidianamente dal grande mediatore pacifista, il presidente Erdogan, che ricatta persino la Nato per poter giustiziare quei leader curdi che sono rifugiati politici nei paesi scandinavi. Sono tunisini che fuggono dalla miseria che dilaga in questo paese dove le grandi speranza accese dalla Primavera araba stanno definitivamente tramontando. Chi sale, pagando, su un barcone sovraffollato per venire in Italia, sa perfettamente che rischia la vita, ma non ha alternative, non ha una prospettiva diversa, una piccola fiammella di speranza.

Bene. Volete farli morire a casa loro in modo da poter dire “abbiamo salvato tante vite umane da quando abbiamo impedito le partenze verso l’Europa” ? Avete ragione: occhio non vede cuore non duole. Infatti, quanti europei o nordamericani sanno che gli ultimi 20 paesi del mondo per reddito pro-capite, aspettativa di vita, livello di istruzione, ecc. , i cosiddetti Last Twenty, sono per oltre i 2/3 paesi attraversati da guerre e conflitti. Guerre alimentate dalle nostre industrie delle armi, fomentate da chi vuole prendersi le risorse di questi paesi, guerre dimenticate che producono fame, devastazione ambientale e migrazioni di massa. Non è la mancanza di investimenti, di risparmio, di know how, di tecnologia, che hanno provocato l’impoverimento di questi paesi, ma le guerre di lunga durata.

E noi cosa facciamo? Aumentiamo la spesa per armamenti fino al 2% del nostro Pil, in modo tale che possiamo continuare ad aiutare questi popoli a casa loro. Se solo spendessimo una piccola parte di questi miliardi per i corridoi umanitari molti rinuncerebbero a rischiare la vita puntando su una futura possibilità di arrivare dignitosamente nel nostro paese. Come già avviene grazie alla Caritas, a Sant’Egidio e alla Federazione delle Chiese Evangeliche, che finanziano i corridoi umanitari dal Libano, dalla Libia, dall’Afghanistan ecc.

Si tratta, purtroppo, di piccoli numeri che hanno un grande valore umano – ogni vita salvata ha un valore- ma non possono offrire una risposta adeguata come potrebbe offrirla lo Stato. Ed invece il nostro governo pensa a murare le frontiere, a fare morire in mare i profughi impedendo alla Ong di salvarli, spostando verso Nord i porti autorizzati in modo tale che queste navi umanitarie possano salvare il meno possibile, le nostre industrie cercano disperatamente manodopera che non trovano più, devono ridurre le attività per mancanza di personale.

Ma, neanche i richiami di Confindustria riescono a incidere su un governo così spietato, cinico, crudele, come non l’avevamo mai visto. Se non ci sarà una ribellione di massa, se la maggioranza degli italiani resterà indifferente rispetto a queste stragi di migranti, allora avremo perso definitivamente la nostra umanità.

da “il Manifesto” del 28 febbraio 2023