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Come difendersi dai disastri climatici?.-di Piero Bevilacqua

Come difendersi dai disastri climatici?.-di Piero Bevilacqua

I tecnici dei vari partiti politici immaginano che le frane e le
alluvioni che sconvolgono il nostro Paese si contrastano con opere di
ingegneria, creando qua e là cantieri, arginando qualche torrente,
contenendo qualche frana, affidando appalti qua e là ecc.Certo, anche
queste singole opere sono necessarie.

Ma si tratta di interventi
isolati di riparazione, che peraltro, come mostra l’alluvione delle
Marche, non si riescono neppure a realizzare. Per una strategia più
ampia occorre avere presente quella che è la più grave questione
territoriale dell’Italia: la dorsale appenninica, che attraversa
l’intera Penisola, è sempre più spopolata e abbandonata, mentre la
popolazione, le aziende, le infrastrutture si concentrano nelle
pianure e valli litoranee, con un intasamento crescente e in avvenire
pericoloso.

Sulle alture, che in Italia occupano poco meno dell’ 80%
del territorio, il suolo, per secoli coltivato e presidiato dalle
famiglie contadine, rimane sempre più alla mercé degli eventi
atmosferici. Nessuno inalvea più le acque correnti, crea invasi, cura
il bosco, ripara i muretti di contenimento. Cosi tutti i processi di
dilavamento e di erosione precipitano a valle senza più controllo
nella zona più ricca del Paese, creando le distruzioni a tutti note.
Dunque per affrontare i disastri occorrono interventi immediati, dove
esistono i pericoli, ma soprattutto una strategia di più lunga lena.

E’ necessaria una politica adeguata per limitare gli incendi dei boschi
(come quella adottata da Tonino Perna nel Parco d’Aspromonte).Occorre
abbandonare gli edifici che negli ultimi anni sono stati costruiti
nelle golene dei fiumi, quando non direttamente negli alvei.La natura
va rispettata e non irresponsabilmente sfidata. Bisogna ridurre a zero
la cementificazione dei suoli. Prendiamo ormai atto che le terre
d’altura saranno sempre più preziose in futuro perché meno soggette ad
allagamenti. E’ perciò necessario riportare la popolazione in queste
aree, offrendo ad essa vantaggi economici. E non pensiamo solo ai
nostri ragazzi e ragazze.

Noi facciamo morire nel Mediterraneo
migliaia di giovani che potrebbero far rinascere tante terre interne,
con un minimo di aiuto pubblico. E’ infatti solo la presenza costante
di uomini e donne nelle zone di altura, con le loro economie,
agricolture, pascolo, selvicoltura, può consentire la cura quotidiana
dei territori, può impedire che il suolo e le acque precipitino
rovinosamente a valle colpendo il cuore ricco del Paese.

Unione Popolare Difende l’agricoltura contadina e biologica, la selvicoltura,
il piccolo allevamento, l’acquacoltura , rivendica un reddito di
presidio ambientale per tutti i piccoli produttori che operano in
collina e in montagna.

Incendi e crisi ambientale.- di Alberto Ziparo Salvare il paesaggio e il futuro della Calabria

Incendi e crisi ambientale.- di Alberto Ziparo Salvare il paesaggio e il futuro della Calabria

Il mese di luglio 2021 è stato il più caldo di sempre. La crisi ambientale infatti sta aggravandosi sensibilmente. Le ondate di calore che imperversano vengono improvvisamente interrotte da burrasche e “bombe d’acqua”. Un’atmosfera sempre più “arrabbiata”(gonfiata da entropia crescente)si abbatte su territori sempre piu’ stressati e indeboliti dai conflitti dei cicli “ Calore/siccità / inaridimento vs. macroprecipitazioni”.

In Calabria, lo “Sfasciume pendulo”, ulteriormente piagato (abbiamo cementificato anche le fiumare), esaspera così gli effetti delle criminali azioni incendiarie di speculatori e ndranghetisti.
L’attuale disastro pero’ chiama in causa in primis le responsabilità delle istituzioni politiche ,nazionali e locali.

La “transizione ecologica” italiana infatti si sta rivelando sempre più una barzelletta: infatti stiamo facendo ridere tutta Europa pretendendo di attuare il Green Deal con misure di facciata: ancora cemento e consumo di suolo; e la perdurante dominanza dell’energia da fossili. Addirittura integrando il Recovery Plan, che già prevede di suo ca 30 miliardi di Euro per TAV e Grandi Opere (spacciati per mobilita’ sostenibile) con il Collegato,ovvero l’ennesimo “Sblocca cantieri”. In cui “recuperiamo” 57 megaprogetti- e 81 miliardi di euro- della “criminogena “ (definizione ANAC) legge Obiettivo di Berlusconi.

Così la “svolta ecologica “ italiana si dovrebbe realizzare con opere ad alto impatto ambientale per una quota pari a dieci volte quanto si investe per tutela e risanamento del territorio. Che invece sarebbe l’unica grande opera davvero utile e necessaria. E che in Calabria rappresenta un’urgenza assoluta.

Draghi dice in queste ore che finanzierà programmi di rimboschimento e risanamento ambientale delle aree piu’colpite da incendi. E’ bene che i relativi fondi siano gestiti senza improvvisazioni emotive o mediatiche , ma usando quegli strumenti di pianificazione già finalizzati a questo ; che non abbiamo mai attuato. Certo , affrontando subito l’emergenza , cui devono seguire progetti di adattamento ai mutamenti climatici. E quindi la riqualificazione ecopaesistica del territorio. L’unica risorsa ancora in grado di prospettare un futuro.

I guasti che ovunque, in Europa e in Italia, sono stati causati da modelli di sviluppo falliti e ipercementificazione, in Calabria e in altre aree a grande intensità criminale risultano ingigantite, amplificando autentiche catastrofi ambientali , come oggi gli incendi.

Eppure la Calabria si era dotata di un ottimo Piano Territoriale Paesaggistico: ma all’atto della sua approvazione l’allora giunta regionale di Centro destra- subentrata a quella di segno opposto che l’aveva formulato- pensò bene di smantellarne la normativa ; trasformando un fondamentale atto di governo e risanamento di territorio e paesaggio in una esercitazione accademica: E cancellando così anche le regola di difesa da dissesti e disastri , incendi compresi.

Con un piano realmente cogente, infatti, ciascun ambito paesaggistico avrebbe regole e misure per affrontare l’emergenza e quindi risanare il territorio. Chiunque saprebbe che la prima difesa è rappresentata dalla ricostituzione degli ecosistemi , dell’ecofunzionamento “dell’organismo territorio”. Più che da generici rinverdimenti o rimboschimenti.

Nell’emergenza odierna, bisogna tener conto del drastico peggioramento della crisi ambientale negli ultimi anni. E’ utile certamente l’idea degli ex Presidenti del Parco Dell’Aspromonte, Perna e Bombino, di rilanciare i “Contratti di Solidarietà” , investendo associazioni e cooperative locali di produttori, con funzioni di vigilanza continua e primo intervento.

Ma questo va integrato con la “Task Force “ proposta (speriamo seriamente) per il Governo dal Ministro delle Politiche agricole Patuanelli; che prevede il coordinamento e l’ampliamento degli organismi già preposti agli interventi di emergenza, Vigili del fuoco, Protezione Civile, Carabinieri Forestali e Operai Forestali residui, cui si potrebbero aggiungere i “Nuovi responsabili”, oltre ai comuni e agli enti interessati ,come i Parchi che dovrebbe continuamente monitorare il territorio con mappe digitali aggiornate in continuo .

E quindi intervenire subito: sapendo già come e dove intervenire , una volta localizzati i primi focolai. E conoscendo anche le postazioni dei siti di approvvigionamento d’acqua, in funzione delle aree di operazione.

L’emergenza incendi va affrontata usando anche la risorsa idrica dei grandi invasi interni –spesso totalmente inutilizzata – a cominciare dalla diga del Menta . Oggi è assurdo che , come è capitato in questi giorni , i pompieri possano restare senz’acqua proprio al culmine del loro intervento . Inoltre si consideri che un CanadAir impiega nel tragitto andata /ritorno tra il cuore dell’Aspromonte o della Sila e il mare circa 25 minuti, un elicottero oltre mezzora: nell’eccezionalità l’uso dell’acqua degli invasi abbatterebbe i tempi a pochi secondi.

Le emergenze di questi giorni però diventeranno sempre più una costante , sia pure in forme diverse: pensiamo alle piogge che arriveranno tra qualche settimana e troveranno un territorio già dissestato anche da migliaia di frane. Che almeno vengano liberate le vie di fuga dell’acqua, in primis le fiumare. Bisogna fronteggiare situazioni anche molto difficili.

Ma senza smarrire la capacità di guardare anche oltre. Le stesse misure previste dal piano paesaggistico, se riprese, ci indicano le operazioni utili e necessarie alla tutela e al risanamento ambientale ; compresi i progetti di resilienza ed adattamento climatico di periodo medio-breve. Fino ad un territorio riqualificato , da cui possano emergere scenari futuri di auto sostenibilità sociale legati al paesaggio.

Mentre si cercano misure per affrontare l’emergenza drammatica , risulta davvero grottesca e incomprensibile la decisione di riaprire la caccia. Vabbè che i cacciatori sono elettori, ma metter la loro incolumità e la vita stessa a rischio in contesti dissestati e accidentati da roghi appena sopiti, per renderli i giustizieri degli ultimi uccelli e della fauna sopravvissuta, sembra irresponsabile quanto- ribadiamo- incomprensibile.

da “il Quotidiano del Sud” del 18 agosto 2021.
Foto di ojkumena da Pixabay