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BRICS. La rivoluzione monetaria e il nuovo ordine mondiale.-di Tonino Perna

BRICS. La rivoluzione monetaria e il nuovo ordine mondiale.-di Tonino Perna

Oggi a Kazan, sotto la presidenza russa, si riuniranno i massimi rappresentanti dei BRICS che con i nuovi ingressi (Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Arabia Saudita) rappresentano il 42 per cento della popolazione mondiale, il 36,6 per cento del Pil globale e il 60 per cento della produzione di idrocarburi. E siamo solo agli inizi perché altri Paesi (come la Turchia, l’Armenia, ecc.) bussano alle porte di questa nuova alleanza che sta ridisegnando l’economia e la geopolitica.

Mentre il G20 ha perso di rilevanza, di fatto si è rimpicciolito trasformandosi in G7 (ma qualcuno se n’è accorto?), rinunciando agli ambiziosi disegni di egemonia che si era dato, rinchiudendosi nei confini degli Stati Uniti e dei suoi satelliti, i BRICS avanzano sulla scena mondiale con un chiaro progetto per il futuro: liberarsi dalla “Signoria” del dollaro.

Infatti, il vertice che inizia oggi nella capitale della repubblica russa del Tatarstan non sarà un incontro rituale, uno scambio di buoni propositi, ma ha un obiettivo preciso: la creazione di una nuova moneta di scambio internazionale. “The Unit” è il nome della nuova valuta che i BRICS intendono introdurre, una unità di conto che regoli gli scambi tra questi Paesi ed è il frutto della media ponderata delle diverse divise nazionali.

E’ molto simile alla proposta che John Maynard Keynes nel 1944 fece nell’incontro storico di Bretton Woods: il “bancor” una moneta-unità di conto internazionale, il cui valore doveva essere il risultato di una media ponderata tra le monete più forti, nell’ambito di una visione di un mondo multipolare. E’ quello che oggi intendono fare i BRICS spinti dalla Russia che in questi anni di dure sanzioni ha cercato altri mercati e altre alleanze, a partire da quella con il colosso cinese. Ma, una nuova moneta di scambio che abbia un riconoscimento a livello internazionale non si improvvisa.

Negli ultimi dieci anni, tra i Paesi BRICS si sono moltiplicati gli scambi bilaterali – soprattutto tra Russia, India e Cina- con un picco nell’ultimo anno che ha interessato in maniera particolare l’interscambio Russia- Iran che è avvenuto al 60 per cento in rubli e rial. Allo stesso tempo è cresciuta la corsa all’oro come riserva delle banche centrali.

Per questo oggi, secondo alcuni analisti che seguono da vicino l’evolversi delle trattative per la creazione del “The Unit”, questa nuova moneta avrà il sostegno per il 40 per cento dall’oro e per il resto da un paniere di valute nazionali dei vari Paesi membri, creando così un percorso virtuoso che esclude l’egemonia di uno Stato su un altro.

E la corsa all’oro per sganciarsi dalla “Signoria” del dollaro sta interessando anche alcuni Paesi africani, come lo Zimbabwe, Nigeria e Uganda, le cui banche centrali stanno aumentando le riserve auree con l’obiettivo dichiarato di ridurre la dipendenza dal dollaro.
Se si concretizzerà la nascita di “The Unit” il 22 ottobre di quest’anno verrà ricordato come una svolta di portata storica paragonabile al 15 agosto del 1971 quando il presidente Nixon decise unilateralmente lo sganciamento del dollaro dall’oro, infrangendo gli accordi di Bretton Woods.

Per oltre cinquant’anni gli Usa hanno potuto godere di questo privilegio che gli ha permesso di avere un tenore di vita nettamente superiore alle loro possibilità, grazie ad un continuo indebitamento con il resto del mondo che ha superato quest’anno i 21.000 miliardi dollari.

Anche se ci vorrà più tempo per rendere vigente l’uso di questa nuova moneta/unità di conto, la strada è tracciata e la crisi del dollaro sarà irreversibile con conseguenze imprevedibili. Come sostiene la giornalista economica Saleha Mohsin (Paper Soldiers. How the Weaponization of the Dollar changed the World Order, Penguin, 2024) il dollaro è diventato progressivamente la vera arma di Washington per dominare il mondo.

Ma, i tempi sono cambiati e quest’arma ogni giorno che passa diventa sempre più arrugginita, malgrado il governo nordamericano continui a stampare dollari facendo arrivare il debito esterno, oltre che quello interno pari a tre volte e mezzo il Pil, ad un livello insostenibile. E l’Ue farebbe bene a prendere le distanze, a sganciarsi progressivamente dalle strategie belliche e finanziarie di Washington, se non vuole finire nel baratro trascinata dal crollo dell’impero nordamericano.

da “il Manifesto” del 22 ottobre 2024